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mercoledì 5 agosto 2015

LA ZOOERASTIA



La parola zoofilia deriva dal greco “zoon” animale e “philia” attrazione (Monei, 1986). Si tratta dunque di un termine, coniato da Kraft-Ebing (Traub-Werner, 1986), per indicare l’attrazione sessuale nei confronti degli animali (American Psychiatric Association, 2000). I comportamenti zoofilici includono infatti fellatio, cunnilingus, coito e masturbazione compiuta sull’animale. Solitamente si tratta di animali con i quali la persona è stata a contatto durante l’infanzia.

Si tratta comunque di una parafilia rara che interessa circa l’8% degli uomini, l’1,5% delle donne in età preadolescenziale e il 3.6% delle donne in età postadolescenziale (Kinsey, Pomeroy, Martin, & Gebhard, 1953). La zoofilia sembra essere più frequente all’interno dei contesti rurali, tra gli individui con un basso livello di scolarizzazione e presenta un’età media d’insorgenza intorno ai 17 anni (Abel & Osborn, 1992). Anche se molte persone compiono solo pochi atti sessuali con gli animali, la zoofilia è considerata una patologia con andamento cronico.

Le recenti indicazioni incluse all’interno del DSM-5 distinguono tra parafilia e disturbo parafilico. La parafilia fa riferimento a qualsiasi intenso e persistente interesse sessuale diverso dall’interesse sessuale per la stimolazione genitale o i preliminari sessuali con partner umani fenotipicamente normali, fisicamente maturi e consenzienti (American Psychiatric Association, 2014).

La zoerastia viene ipotizzata e citata in vari contesti culturali e sociali.

Nella mitologia greca vi sono vari esempi, anzi si crede che fino all'età classica si svolgessero ad Atene riti che prevedevano l'accoppiamento con animali.

Pasifae, che si unì ad un toro generando il Minotauro.
Zeus, che si unì più volte a donne mortali o ninfe sotto forma di animale, ad esempio sotto forma di toro con Io, di cigno con Leda etc.
Il toro, in particolare, forse perché visto come simbolo della potenza sessuale maschile generica, è l'animale che più sembra accoppiarsi, nell'immaginario umano, con le donne. In passato è capitato di ritrovare vicende alquanto preoccupanti su seri rapporti sessuali tra il toro e l'essere umano.

Al di là del concetto iniziatico e mistico dell'unione con gli animali, che ha connessioni psicologiche assai vaste, la zoerastia è ricorrente anche nella pornografia. Non mancano le esibizioni di celebri pornostar con animali di vario genere: cani, cavalli, serpenti, gatti, topi, maiali. Nel cinema pornografico italiano, ad esempio, Marina e la sua bestia, diretto da Renato Polselli, è il primo film in assoluto con scene di zoerastia: l'attrice Marina Hedman ha, qui, un rapporto sessuale con un cavallo (in realtà simulato mediante l'utilizzo di una protesi in plastica).

La pornografia che ha come oggetto relazioni sessuali tra umani e animali è contestata dagli animalisti, perché usa violenza nei confronti degli animali, imponendo loro rapporti dolorosi ed innaturali.

Il Marchese de Sade cita la zoerastia, dandone vari esempi, nel romanzo Le 120 giornate di Sodoma evidenziandola come una delle possibili perversioni sessuali da mettere in pratica.

Ancor oggi, in certe condizioni, la zoerastia può essere un surrogato per appagare l'istinto sessuale. Secondo il rapporto Kinsey del 1948, il 17% dei maschi statunitensi nelle zone rurali, ha affermato d'aver vissuto perlomeno una volta questo tipo d'esperienza sessuale, mentre tale pratica è risultata meno frequente nelle donne.



Un antico tabù, la zooerastia. Raccontata in mitologia, largamente rappresentata in pornografia, descritta nella letteratura popolare come abitudine dei pastori costretti all'isolamento durante la transumanza, assume i contorni della malattia quando diventa una dipendenza. Con inquietanti risvolti sociali.

La zooerastia è la pratica di avere rapporti sessuali con animali, in genere domestici, quali cani, gatti, maiali, cavalli, pecore. Un fenomeno difficile da monitorare, ma che persiste, e non solo in forma teorica nei testi di psicopatologia sessuale. Così come altre perversioni, quali la necrofilia o la coprofilia, la zooerastia può coinvolgere individui dalla vita ordinaria, affetti dal disturbo sessuale che li induce a mettere in pratica la fantasia di accoppiarsi con un essere non consenziente ma sottomesso, come l'animale. In questo caso si tratta di zoofilia sadica, quando  l'eccitamento sessuale si fissa sull'animale tanto da raggiungere l'orgasmo solo in presenza di quello, nella realtà o nell'immaginazione.

Alcune dinamiche sottese alla zoofilia possono essere la volontà di superare ogni limite e di porsi in una dimensione dove tutto è possibile oppure inserirsi in uno scenario sadomasochistico in cui l’atto di avere un rapporto sessuale con un animale è percepito come degradante e umiliante, e pertanto eccitante. In questi casi è di solito un master che “impone” al suo slave tale pratica masochistica. E' possibile riscontrare pratiche zoofile in quelle persone, spesso donne, che non sono in grado di operare una corretta distinzione tra ambito affettivo e sessuale. Oppure possono essere il riflesso di un eccessivo bisogno di sessualità che può rivolgersi in modo indifferenziato verso uomini, donne e anche animali. Insomma le strade che possono condurre alla messa in atto del comportamento deviante zoofilo sono diverse. Bisogna però ricordare che per effettuare la diagnosi di zoofilia è necessario che questa preferenza sessuale sia preferita, anche se non esclusiva, e costante nel tempo: almeno per sei mesi.



Il bisogno della relazione con le altre specie non va sempre interpretato nel segno della sostituzione: esiste una zoofilia positiva, che si concretizza nel rapporto intimo, ma non sessuale, che talvolta il padrone coltiva con un animale domestico, senza tuttavia viverlo come un surrogato di essere umano.
Le persone che affrontano la relazione con un pet in modo sostitutivo, cadendo in antropomorfismi penosi soprattutto per gli animali, in realtà hanno un forte bisogno di ritrovare qualcosa di molto antico e radicato nella nostra specie. D'altro canto la relazione con un cane o un gatto costringe l'essere umano a uscire dalle forzature proiettive, perché lui in qualche modo ti fa capire d'essere portatore di una diversa prospettiva sul mondo. Si tratta di una relazione tutt'altro che patologica e che al contrario rafforza l'empatia della persona, fortificando disposizione che poi trovano fertile applicazione anche nei confronti del prossimo umano..

In alcuni casi la zooerastia si può associare a cause organiche, come disturbi cerebro vascolari. Ma più frequentemente è la cristallizzazione di un atteggiamento nomotetico, che induce a creare regole proprie: un senso di onnipotenza che in rari casi può stimolare il soggetto a desiderare di coinvolgere altre persone nella sua pratica perversa. Quando invece la zooerastia viene vissuta  come dipendenza, generando angoscia  e senso di colpa dopo l'atto, difficilmente chi ne soffre ha il desiderio di condividere l'esperienza con altre persone, e ancora meno di confessare il suo disagio. Ecco perché si arriva al trattamento, farmacologico o psicoterapeutico, solo a seguito di denunce gravi da parte di terzi, mai per scelta del paziente.
“La zoofilia è una patologia della libertà: chi la pratica si vede costretto a compiere gesti estremi per diminuire l'ansia. Nella terapia verbale l'obiettivo è portare alla consapevolezza, con discrezione e cautela, ciò che è sconosciuto al paziente, per il quale l'inaccessibile diventa sempre più vicino.- dichiara il dott. Enzo Spatuzzi, segretario dell'associazione italiani psichiatri - Si compie un percorso a ritroso per tornare alle origini, quando l'inibizione, che consente di vivere con gli altri, era presente. Il farmaco viene invece prescritto solo se il comportamento del paziente è figlio di una psicosi.”
Difatti il soggetto, nei casi più estremi, potrebbe diventare pericoloso per la società: “Le dinamiche sottese a questa perversione che hanno come esito la preferenza per il sesso impersonale sono un generico fattore di rischio per la messa in atto life time di crimini sessuali.” aggiunge Rosso.

Oltre allo squilibrio mentale, la zoofilia può recare problemi igienico-sanitari. “La letteratura scientifica veterinaria non attesta casi di trasmissione di malattie per via sessuale. I rischi sanitari sono riconducibili a quelli esistenti in caso di stretto contatto con l’animale.” dichiara il dott. Marco Mielosi, vice presidente associazione medici veterinari italiani. Quindi maggiore rischio di contrarre le cosiddette zoonosi, malattie  trasmissibili da animale a uomo,  quali scabbia, salmonellosi, staffilococco aureo. Oltre al pericolo, soprattutto per le donne, di riportare lacerazioni della vagina e degli organi interni.

Come segnalano molte associazioni animaliste, il fenomeno della zoofilia è molto diffuso. Secondo quanto riferisce l’Aidaa (Associazione Italiana per la Difesa di Animali e Ambiente) infatti, sono numerose le persone pronte ad offrirsi per fare sesso con gli animali oppure disposte a prestare a pagamento il proprio animale per incontri sessuali.

Tra le ultime novità anche l’elevata percentuale di prostitute che si rendono disponibili a farlo con gli animali. La richiesta di incontri di sesso con le specie più diverse è altissima e ancora più significativa è la grande quantità di siti pornografici che offrono la possibilità di scaricare a pagamento o gratuitamente filmati. Tra questi parecchi riportano annunci di offerta o richiesta di appuntamenti sessuali e, addirittura, molte volte riportano links che collegano direttamente gli utenti ad immagini di pedopornografia accessibili anche ai bambini senza nessun filtro.

Per quanto riguarda l’aspetto normativo, purtroppo, bisogna sottolineare che questa aberrante pratica, che in Italia smuove un giro d’affari che si aggira sui venti milioni di euro l’anno, non viene ancora considerata un reato sanzionabile.
Lorenzo Croce, direttore dell’Aidaa, da tempo si batte affinchè la zoofilia sia circoscritta e fermata.

L’esiguo numero di condanne connesse a tale fenomeno e segnalate nel nostro Paese configurano la fattispecie di maltrattamento di animali o atti osceni in luogo pubblico.



Il caso più lampante risale al 2008 quando Christian Galeotti, un allevatore della provincia di Bolzano, fu condannato perché metteva a disposizione di maniaci e zooerasti gli animali del suo allevamento e della sua pensione per cani.

Le povere bestie venivano impiegate anche per realizzare video hard e film a luci rosse. I filmati e le foto erano persino disponibili ed in vendita su internet.

Esiste un ragguardevole business sullo sfruttamento sessuale degli animali (bordelli, film hard, incontri privati, addestratori specializzati), che il più delle volte muoiono a causa delle gravi lacerazioni.

Le associazioni animaliste stimano che nel nostro Paese ci sia un giro d’affari che si aggira sui venti milioni di euro l’anno.

In tutto il continente si contano numerosissime associazioni che si battono per sopprimere questa pratica impietosa e aberrante, promuovendo altresì il ruolo sociale dei nostri amici a quattro zampe nella vita quotidiana.

Poiché le fantasie sessuali insolite tendono a essere piuttosto frequenti, le parafilie non vengono considerate ipso facto patologiche. Se però l’individuo agisce nel tentativo di soddisfare tali desideri e da ciò consegue un disagio o la compromissione nell’individuo, oppure il rischio di arrecare danno a se stesso o agli altri, si parla di disturbo parafilico.

Le ipotesi eziologiche per questa parafilia sono piuttosto varie e possono risultare in disaccordo tra loro. Secondo Peretti e Rowan (1983) la zoofilia dipende dalla facilità con la quale si possono avere rapporti sessuali con gli animali, saltando la fase della negoziazione. Secondo un altro studio, gli individui affetti da zoofili presentano una variazione dell’orientamento sessuale in tal senso (Miletski, 2000).

Teorie più recenti indicano che fattori individuali, familiari e sociali che contribuiscono alla manifestazione del disturbo (Cerrone, 1991). Secondo lo stesso autore, inoltre, la zoofilia consentirebbe di sfogare la rabbia repressa sugli animali, di dominarli e di affermare su di essi il proprio predominio, favorendo la comparsa del senso di controllo che potrebbe risultare debole o carente in questi individui (Cerrone, 1991).

Solitamente la zoofilia viene consumata in contesti solitari, in prevalenza durante i periodi in cui gli individui lasciano l’abitazione e si recano lontano da casa col bestiame. Sono rari i casi in cui tali comportamenti vengano riferiti ad altre persone in maniera spontanea. Di conseguenza, le percentuali persone affette da zoofilia che ricevono interventi adeguati possono essere davvero esigue.

La vergogna, la paura del giudizio e altri fattori di ordine personale e sociale possono infatti limitare la ricerca attiva di sostegno psicologico. Inoltre, molte persone affette da parafilia non sono consapevoli di avere un disturbo. Tuttavia, nel momento in cui la persona inizia a praticare atti sessuali con gli animali e ciò ha delle ripercussioni sulla sua vita, la consulenza psicologica diviene necessaria. Molti individui affetti da zoofilia presentano infatti un tasso elevato di comorbilità con altre parafilie (alcuni possono presentare fino a 5 parafilie contemporaneamente) (Abel, Becker, Cunningam-Rathner, Mittleman, & Rouleau, 1988), le quali possono avere conseguenze più gravi della zoofilia.

Trattandosi di una patologia rara, non si dispone attualmente di trattamenti specifici a essa dedicati. Solitamente, le tecniche adottate – soprattutto in presenza di comorbilità con parafilie più gravi – possono includere il contenimento, la prevenzione delle ricadute, gli interventi basati sul trauma e la terapia farmacologica. In ogni caso, la scelta del trattamento deve necessariamente essere basata sul caso specifico e andrebbe formulata dopo una valutazione accurata dell’eziologia del disturbo e della storia personale del soggetto.